Tagliate le melanzane, lasciando la buccia, a dadini di un centimetro e mezzo per lato. Spolveratele di sale e ponetele in uno scolapasta affinché perdano parte della loro acqua. Affettate finemente le cipolle e rosolatele a fuoco lentissimo avendo cura, con l’aiuto di qualche cucchiaio d’acqua, che l’olio non frigga eccessivamente. Lavate le melanzane in acqua corrente, asciugatele strizzandole, quindi friggetele in abbondante olio di semi di arachidi. Snocciolate le olive, dissalate i capperi lavandoli in abbondante acqua corrente, tagliate a dadini i gambi del sedano dopo averli liberati dai loro filamenti duri. Versate il tutto in acqua bollente addizionata con mezzo bicchiere di aceto per cinque minuti, quindi scolate.
Una volta completata la cottura delle cipolle, prima che l’acqua si sia asciugata del tutto, versate il concentrato di pomodoro che dovrete ridurre, con l’aiuto di un cucchiaio, alla consistenza di una salsa densa e omogenea. Aggiungete mezzo bicchiere di aceto e lo zucchero, che dovrete sciogliere completamente. Unite le olive, i capperi, il sedano e continuate la cottura per circa tre minuti. Aggiungete le melanzane fritte, mescolate e spegnete il fuoco. Servite freddo su un vassoio, guarnendo con le mandorle e i pistacchi.
Curiosità
La caponata è uno dei piatti simbolo della Sicilia. La melanzana, originaria della Cina e dell’India, ha trovato nell’isola un ambiente di coltura ideale, diventando ingrediente principe di molte ricette tipiche. Questo piatto (per il quale si consiglia di usare varietà tondo-ovoidali, dalla pasta compatta e meno ricca di semi rispetto alle varietà di forma allungata) ha un preciso protocollo che prevede la frittura dell’ortaggio.
Alcuni derogano a questa regola, cuocendo preliminarmente in forno con un po’ d’olio le melanzane a dadini e le cipolle affettate: il piatto guadagna in leggerezza ma forse perde un po’ in sapore. Ugualmente si può rendere la caponata più “fresca” sostituendo il concentrato di pomodoro con una passata o, ancor meglio, con pomodori freschi (ben maturi, privati dei semi e dell’acqua, e sfilettati), rapidamente passati in padella prima di essere aggiunti a tutto il resto.
Il caratteristico sapore agrodolce, poi, può essere accentuato preparando una base di miele e aceto oppure con l’aggiunta – insieme a capperi e olive – di un pugnetto di pinoli e uva sultanina rinvenuta in acqua e ben strizzata, come si fa, tradizionalmente, in alcune aree della Sicilia. La Fermata di Porta Carini recupera i sentori della frutta secca guarnendo il piatto con mandorle e pistacchi tritati: una raffinatezza in più. Nel Catanese abbiamo trovato un’ultima variante: la caponata servita con la salsa san Bernardo, sontuosa e antica mescolanza di mandorle, acciughe salate, aceto, cioccolato, arancia.
Il tradizionale piatto della cucina siciliana che a tavola accontenta tutti, come Sedara e Bell’Assai, due rossi piacevoli e versatili negli abbinamenti, perfetti per tutti i giorni.